Intervista a Kibou, lo studio di sviluppo italiano che per lavorare è dovuto fuggire dall'Italia
Abbiamo fatto una bella chiacchierata con Simone Granata, il capo di Kibou, parlando dei giochi dello studio e dello stato dello sviluppo in Italia.
È con grande piacere che ho potuto intervistare Simone Granata di Kibou Entertainment, uno studio di sviluppo indipendente italiano che ha più di qualcosa da dire, sia in ambito videoludico che sull’evanescente industria dei videogiochi nostrana. Della storia di Kibou si parlerà lungamente durante l’intervista, che spero si riveli una lettura interessante per tutti, quindi non ci dilunghiamo troppo, limitandoci a osservare come il progetto sia nato dalla pura passione per i videogiochi, che è poi il punto di partenza di moltissime realtà indipendenti.
In questa breve introduzione vorrei sottolineare solo un punto, ossia come dalle parole di Granata emerga amaramente che il “sistema Italia” è spesso più un ostacolo che una risorsa per chi cerchi di affermarsi, o semplicemente di lavorare, in questo campo, mostrandosi inadeguato ad affrontare le sfide proposte dal mercato attuale. La considerazione non è valida solo dal punto di vista economico, comunque essenziale, ma anche da quello del supporto reciproco, con alcune realtà che tendono a vampirizzare le già scarse risorse disponibili, soffocando molti progetti sul nascere e, in ultima istanza, restituendo davvero molto poco in termini di sviluppo del settore.
Ma ora bando alle ciance e passiamo all’intervista. Nel testo troverete anche dei box con una breve descrizione dei giochi di Kibou, utile a farvi un’idea del loro lavoro.
SIMONE TAGLIAFERRI
Simone, puoi presentare te e il tuo studio ai lettori? Come siete nati come software house e perché avete deciso di infilarvi nel folle mondo dello sviluppo dei videogiochi, soprattutto in Italia?
SIMONE GRANATA
Sono Simone "Lord Macbeth", fondatore di Kibou Entertainment e game designer/level designer/storywriter dei progetti del mio team (e di alcuni altri progetti esterni dove sono stato assunto per questi ruoli). La mia piccola software house ha un nome specifico: "kibou" significa "speranza" in giapponese. Il team è nato nel 2018 come "speranza" di poter finalmente muovere i primi passi in questo settore, che da sempre ho ritenuto la mia strada e vocazione lavorativa nella vita.
È una follia in tutti i sensi: farlo in Italia, iniziare a farlo a 36 anni senza budget, senza titoli di studio specifici alle spalle, senza "santi in paradiso" che mi danno le spintarelle. È una follia in generale, nella quale sono riuscito a ritagliarmi un piccolo spazio grazie a duro lavoro (davvero, serve impegno) apprendimento da autodidatta, fregature che non mi hanno abbattuto ed una buona dose di fortuna/congiunzioni astrali che ho acchiappato al momento giusto.
ST
Da come parli dell'Italia, sembra che tu abbia avuto delle pessime esperienze in patria, diciamo così, mentre all'estero hai trovato una maggiore apertura. Puoi parlarci della tua esperienza?
SG
Ho avuto (parlo al singolare perché mi sono sempre occupato io delle "public relations") esperienze perlopiù negative in Italia soprattutto a causa dell'ambiente con il quale ci si deve rapportare qui.
La maggior parte delle realtà italiane vivono di "importanza percepita" con conseguenti false aspettative quando si parla di collaborazioni. Pochi soldi, poca professionalità e soprattutto poco rispetto in generale: molti si aspettano che una persona si faccia in quattro per pochi spiccioli e con prospettive inesistenti. Non dico che all'estero non vi siano situazioni negative ma il quadro generale è molto meno negativo, in particolar modo quando si parla di lavorare con aziende giapponesi.
molti si aspettano che una persona si faccia in quattro per pochi spiccioli e con prospettive inesistenti
Ho lavorato principalmente con THQ Nordic Japan, PLAYISM e Kadokawa: tutte aziende giapponesi che mi hanno sempre trattato con rispetto e professionalità, a differenza di aziende italiane molto più piccole ed assai meno rilevanti che si sono invece poste con pessimi atteggiamenti e promesse mancate.
Per capire di chi parlo basta vedere con chi ho lavorato: le somme si tirano facilmente
ST
Quindi, non vedi la possibilità, un giorno, che si sviluppi un'industria italiana lontana dal modello attuale, fatto di tanti piccoli insuccessi, qualche successo sporadico e, soprattutto, tanti programmi che non portano da nessuna parte?
SG
Personalmente, al di là dei vari roboanti annunci dell'imminente "epoca d'oro dei videogiochi in Italia" che arrivano puntualmente da varie associazioni e siti d'informazione, non vedo nessuna possibilità reale. Siamo arrivati con enorme ritardo rispetto al resto dei paesi che seguono con VERA attenzione questo settore, e ci siamo arrivati per pura cupidigia. Basta vedere cosa succede in Italia quando si parla di "creare videogiochi": è pieno di professori, di libri, di talk e di eventi. Poi però quando si deve fare davvero qualcosa è sempre un fallimento o un mezzo fallimento, nonostante i proclami.
TIMOTHY AND THE MYSTERIOUS FOREST
Il primo gioco completo di Kibou. Timothy and the Mysterious Forest è un avventura puzzle game con visuale dall’alto e con grafica in stile Game Boy, in cui bisogna risolvere enigmi ed evitare il più possibile di farsi vedere dai nemici, limitando gli scontri… anche perché Timothy muore al primo colpo, quindi non conviene esporlo troppo. L’obiettivo è quello di trovare una cura per il nonno morente, figura che tornerà anche nel seguito, Timothy and the Tower of Mu.
Il livello di sfida è molto elevato ma sempre giusto ed è evidente come Timothy and the Mysterious Forest tenti di essere un tributo ad alcuni classici del passato, come The Legend of Zelda: Link's Awakening, ma forte di un approccio più moderno. Lo potete acquistare su Steam, dal PlayStation Store o dal Nintendo eShop in versione Nintendo Switch.
ST
Sì, siamo il paese delle conferenze e dei prenditori, più che degli imprenditori. Siamo pieni di corsi, corsetti, conferenzieri, conferenze, sedicenti esperti del settore, un settore che esiste solo come qualcosa di estremamente frammentario, che non riesce a fare veramente sistema. Ognuno strappa il suo pezzetto dal cadavere e tenta di campare alla giornata. Qui un palco non lo si nega a nessuno, per amicizia o prostituzione.
Immagino che in un sistema simile lavorare sia davvero difficile, e che è per questo che avete finito per guardare all’estero. In questo senso mi puoi raccontare la vostra evoluzione? Adesso che lavorate con degli editori internazionali, vi approcciate al settore in un modo più consapevole?
SG
La nostra è stata un'evoluzione "fuori dalle regole standard" del mercato, per così dire. Ho iniziato tardi (a 36 anni), senza budget alle spalle (ero disoccupato al tempo) e senza aver potuto studiare attivamente questa specifica materia (ai tempi non c'era niente di davvero utile in Italia). Kibou Entertainment è nata dal mio desiderio di percorrere questo sentiero, un lavoro che ho sempre pensato fosse il mio fin dagli ormai lontanissimi anni '80 quando ho iniziato a videogiocare quasi per caso.
Non sapendo programmare, ho voluto iniziare come moltissimi: usando RPG Maker. Nel mio caso ho optato per RPG Maker MV e mi sono buttato giorno e sera a studiarne ogni funzionalità specifica mentre apprendevo anche Photoshop da zero per imparare a preparare mappe di gioco complesse ed esteticamente appaganti usando la tecnica del "parallax mapping". Da questi studi è nato The Last Summer, il primissimo gioco sviluppato da Kibou ed ancora disponibile gratuitamente su Itch.io. Una cosa semplice, ma che mi ha insegnato molto.
BLOOD OPERA CRESCENDO
Progetto attualmente congelato, è comunque possibile provare una demo di Blood Opera Crescendo, un avventura narrativa dal concept affascinante. Il direttore d’orchestra Heinrich Steiner trova un corpo orribilmente mutilato in un teatro. Qualcuno ha trasformato il cadavere in uno strumento musicale. Ossessionato dalla scoperta, Heinrich inizierà a indagare penetrando nei più sordidi e indicibili segreti del suo mondo.
Se volete scaricare la demo di Blood Opera Crescendo, non vi resta che andare su Steam.
Siamo poi passati ad un'opera più complessa, e non dico "opera" a caso: Blood Opera Crescendo è stato presentato ad alcuni eventi ed è un ibrido visual novel/survival horror che ibrida le meccaniche della serie Ace Attorney con quelle dei giochi horror tradizionali. Il progetto è poi stato interrotto ed è attualmente "dormiente" per un motivo specifico.
Il motivo si chiama Timothy. Ho iniziato a lavorarci per "svago" tra due eventi pubblici: volevo creare qualcosa in stile Game Boy che avesse meccaniche originali, alcune ispirate dal gioco per SNES Goof Troop ma con tematiche di fondo oscure che stridessero con il look "cute" del gioco. Inaspettatamente Timothy and the Mysterious Forest ha ottenuto molta attenzione e ci siamo focalizzati su quello lasciando in disparte altri progetti.
Il gioco è uscito su PC, Playstation e Nintendo Switch: il successo è stato modesto ma ha rappresentato un primo passo importante. Nel 2020 abbiamo partecipato (anche qui, quasi "per gioco") ad un contest indetto dal publisher giapponese PLAYISM.
Il contest aveva giudici d'eccezione: Koji Igarashi (Castlevania), Daisuke Amaiya (Cave Story) Takumi Naramura (LaMulana) e Rafael Grassetti (God of War). Abbiamo deciso di provarci con il seguito del nostro primo gioco: Timothy and the Tower of Mu è stato realizzato da zero in meno di un mese in versione demo appositamente per partecipare al contest. A sorpresa abbiamo ottenuto il premio che ritenevo personalmente il più importante: un contratto di publishing con PLAYISM.
Timothy and the Tower of Mu è stato sviluppato utilizzando Pixel Game Maker MV, un altro tool della stessa "famiglia" di RPG Maker ma focalizzato sui giochi action in 2D. L'esperienza con PLAYISM è stata eccellente e ci ha aperto molte porte nel mercato orientale, specialmente in Giappone dove ho ormai focalizzato le mie attenzioni.
Attualmente siamo al lavoro su Timothy and the Mysterious Forest DX (remake dell'originale) con un team che nel tempo è cresciuto molto: abbiamo a bordo un'artista italiana che vive in Giappone e che ha collaborato con Game Freak e Capcom, un animatore che ha lavorato alla serie di ZeroCalcare ed un tileset artist di grande talento. Decisamente sta andando tutto bene e sono felice di poter dire che tutto funziona anche grazie ad una mentalità mia (da fondatore e lead developer) che è lontanissima dagli standard "corporate" attuali di un'industria sempre più intollerabile.
ST
Come scegliete i soggetti per i vostri giochi? Ho visto che nei Timothy ci sono dei temi ricorrenti e l'impressione è che siano davvero sentiti. Sembrano avere a che fare con il vostro vissuto.
Blood Opera Crescendo mi sembrava molto diverso; un tipo di racconto completamente differente dai Timothy, anche se non posso dirlo con certezza, perché nella versione finale poteva esserci qualche sorpresa.
SG
Timothy è una serie che ho creato (e che continuo a creare) mettendoci dentro tre references principali: Dark Souls, Shadow of the Colossus e Faxanadu. Tre giochi che ho adorato, di tre epoche diverse e che rappresentano un po' ciò che amo nei videogiochi: sfida, criptica narrazione ed un mondo misterioso/oscuro. Blood Opera Crescendo deriva da un'altra mia serie di riferimento, ovvero Ace Attorney mescolata con la musica classica, una delle cose che più apprezzo in assoluto. Su quest'ultimo gioco voglio dire una cosa importante: è tutt'altro che dimenticato e farò in modo di riprenderlo a tutti i costi, poiché credo abbia del potenziale inespresso.
mi pento di aver scelto partner errati all'inizio dell'avventura di Kibou. Ma ormai li considero "sbagli necessari" per arrivare alla giusta consapevolezza
Tornando al discorso principale, i soggetti li scelgo basandomi su ciò che trovo interessante a livello "viscerale": l'avventura del ragazzino contro un Dio, il mistero di un assassino che viene svelato da un compositore mezzo ubriacone. In generale adoro il concept del "Signor Nessuno che, per caso o per volontà/determinazione, si ritrova a vivere un'avventura pericolosa ma incredibile". E si, c'è molto della mia vita in questi soggetti!
ST
Rimanendo sul tema, come struttura generale il primo Timothy era simile a un JRPG con puzzle, mentre il secondo è un platform. Come li scegliete i generi? Seguite sempre l'istinto, fate dei briefing e decidete che questo è il momento giusto per fare un certo gioco piuttosto che un altro, o avete un metodo tutto vostro?
SG
Timothy è una serie nata con un DNA specifico: fare ogni gioco diverso dal precedente come gameplay/camera, con Timothy che cresce nel tempo e con lo stile grafico che diventa sempre più "moderno". Il primo sembra un JRPG ma in realtà è un mix tra puzzle, stealth ed action. Il secondo è un classico action/platformer ma con una spruzzata di metroidvania. Di solito, per capire "cosa vogliamo fare per il prossimo gioco" tentiamo di vedere le tendenze ma le adattiamo poi al nostro gusto. Come creativo cerco sempre di lasciare la mia impronta personale su un gioco, pur tenendo in considerazione ciò che vende in un determinato momento storico. Bisogna stare un po' a metà tra il "sognatore" ed il "pragmatico" diciamo.
TIMOTHY AND THE TOWER OF MU
Per adesso il gioco più importante tra quelli lanciati da Kibou. Si tratta di un platform con elementi da metroidvania in cui, nei panni di Timothy, bisogna esplorare una torre alla ricerca di un modo per resuscitare il nonno. Armato solo di una fionda, il protagonista deve superare innumerevoli trappole e sconfiggere degli insidiosi avversari per raggiungere il suo obiettivo. Sulla strada incontrerà anche degli amici disposti ad aiutarlo e altri figuri che faranno l’esatto contrario.
Difficile al punto giusto e decisamente retrò nello stile visivo, Timothy and the Tower of Mu è un’avventura coinvolgente, piena di luoghi da visitare, forzieri da aprire e sfide da superare. Lo trovate su Steam.
ST
Parlando proprio del DNA dei vostri giochi, avete mai ricevuto pressioni da parte degli editori per creare qualcosa di specifico o per modificare quello che stavate facendo? Se sì, in quale momento dello sviluppo?
SG
Posso dire che, fortunatamente, non abbiamo mai avuto problemi su questo fronte. Fermo restando che sono uno sviluppatore che difende strenuamente il DNA delle proprie opere, in particolar modo le collaborazioni con Playism e Kadokawa/Gotcha Gotcha Games sono state molto positive. Questi publisher hanno sempre mostrato enorme rispetto e collaborazione durante tutte le fasi dello sviluppo. Si sono al massimo permessi (com'è giusto che sia) di dare consigli relativi alla presentazione dei giochi sulle pagine Steam o sui materiali da richiedere per campagne promozionali.
ST
C'è qualcosa di cui ti penti del percorso fatto finora da Kibou?
SG
Sicuramente mi pento di aver scelto partner errati all'inizio dell'avventura di Kibou. Ma ormai li considero "sbagli necessari" per arrivare alla giusta consapevolezza: l'idea di acchiappare subito il colpaccio al primo turno, di fare "il progettone" con dentro un sacco di soldi (e poi esplodere per mancanza di progettualità a lungo termine) è proprio ciò che ha rovinato molti team emergenti. Gente anche brava e talentuosa che ha chiuso i battenti per eccesso di aspettative o fretta di arrivare al punto giusto. Nonostante i dettami di certi/e sedicenti "guru" del settore (soprattutto in Italia) lasciatemi almeno dare un consiglio: non esiste il talento naturale, non esiste la scorciatoia. Magari esistono entrambe le cose, ma la prima necessita di impegno e dedizione mentre la seconda permette un palliativo a breve termine per poi scoppiare tra le mani. Basta guardare agli ultimi "progetti che dovevano salvare il mercato italiano dei videogiochi": penso che ogni commento in più sia superfluo.
Sto pian piano perdendo la speranza di poter lavorare bene nell' industria dei videogiochi in Italia
"Sì, siamo il paese delle conferenze e dei prenditori, più che degli imprenditori. Siamo pieni di corsi, corsetti, conferenzieri,[...]" Tutto sto periodo è pressoché applicabile ad ogni settore. Gran parte dell' industria italiana è ferma agli 80 se va bene 90, quindi è incapace di essere competitiva. Se poi parliamo di settore creativi si paga che tutti i finanziamenti derivano da pochissima mani, basta guardare il cinema con i nostri terribili produttori.
Poi qualcosina si sta muovendo per dare perlomeno qualche base formativa in più o Giochi come a quiet place nonostante accolto tiepidamente possono dare maggior visibilità all'estero. Mentre di casi che sembrano strani ma ahimè sono troppo normali come enotria beh passa pure la voglia di parlarne e di sicuro non danno lustro al nostro sistema (al massimo si vede che abbiamo buoni illustratori ma era cosa nota).
C'è un mix tra gerontocrazia e illiceità terribile in Italia.