Timo's Castle e il ritorno del principe Henry
Un gioco tenta di dare seguito alle avventure videoludiche del duca di Sussex
Gli inglesi sono da sempre molto partecipi delle vicende della casa reale britannica. Lo si capisce da quanto spazio questa occupa nei media, anche in quelli italiani a dirla tutta, che non si lasciano mai sfuggire le vicende che la coinvolgono, politiche o di gossip che siano. Del resto in qualche modo rappresenta il potere nella sua forma più pura, pur lì dove ormai è stato privato della maggior parte delle sue funzioni.
Anche il mondo dei videogiochi, in particolare proprio la scena britannica, non si è mai tirata indietro dal rappresentare le vicende reali. Gli esempi non mancano, in particolare negli anni ’80, quando le dimensioni delle produzioni medie sui sistemi a 8-bit consentivano una maggiore anarchia di temi e di forme, furono diversi i giochi con al centro i Windsor, come ad esempio l’avventura Flunky, in cui si vestivano i panni di un maggiordomo della casa reale, o come Henry’s House per Commodore 64, platform a schermate fisse in stile Manic Miner, pubblicato da English Software, che nel 1984 si accodò in qualche modo alle celebrazioni per la nascita di Henry, il duca di Sussex, secondogenito dell’allora ere al trono Carlo, oggi re Carlo III, e Diana.
Sviluppato da Chris Murray, vedeva un ragazzino girare per delle stanze piene di oggetti e di riferimenti alla monarchia (ad esempio la corona del primo livello), che doveva evitare di farsi ammazzare da tostapane impazziti, feroci dentiere, scarpe pesanti come presse industriali e quant’altro. L’obiettivo dato al giocatore era quello di raccogliere tutti gli oggetti delle stanze, quindi una chiave per poi raggiungere l’uscita che conduceva alla stanza successiva. In particolare i corridoi che collegavano gli ambienti mostravano come ci si trovasse all’interno di una specie di castello, più che in una normale casa.
Da nessuna parte veniva detto che il protagonista fosse il principe Henry, ma non mancavano suggerimenti che miravano a indirizzare verso questa interpretazione. Oltretutto non solo all’interno del gioco, visto che sin dalla copertina l’editore aveva giocato allo scoperto, piazzandoci un grosso bollino rosso in cui si poteva leggere: “Starring little Henry” con una corona messa in bella vista sopra al nome del protagonista.
Lo scorso aprile lo sviluppatore indipendente Roman Werner ha annunciato Henry’s Castle, proponendolo come un seguito diretto, anche nel gameplay, di Henry House. Pochi giorni dopo è stato costretto a cambiare il titolo in Timo’s Castle, usando il nome del produttore del gioco, per problemi di copyright. Il lancio è arrivato a stretto giro all’inizio di maggio (lo potete acquistare in formato fisico o digitale partendo dalla sua pagina itch.io), naturalmente invariato nei contenuti, logo a parte. Del resto erano praticamente pronti.
“Tu sei Timo McLane. Il principe scozzese di una nobile casata,” recita la descrizione ufficiale, che prosegue illustrando la storia che fa da sfondo alle vicende di gioco, fin troppo diretta nel richiamare alcune delle vicende reali che hanno riguardato il buon Henry: “Hai fatto a pezzi le tradizioni reali, ma dopo la morte dei tuoi genitori, avvenute in circostanze misteriose, con riluttanza hai ereditato una proprietà di campagna che comprende un piccolo castello. Insieme alla tua fidanzata Amber decidi di sistemare il castello in rovina. Ma c’è qualcosa che non va. Un dolore proveniente dal passato fa il suo ritorno. Il castello è maledetto e Amber è scomparsa. Riuscirai a rompere la maledizione e salvare l’amore della tua vita?”
Timo è un principe ormai cresciuto, ma non ha certo modi regali. È vestito da adolescente degli anni ’80, con occhiali scuri, un giubbotto alla Karaté Kid e un cappello con la visiera girata al contrario. Tutto ciò che sa fare è arrampicarsi sulle scale e compiere dei prodigiosi balzi, per raggiungere piattaforme elevate o superare i pericoli, siano essi trappole o nemici.
Siamo di fronte a una pura operazione nostalgica, considerando anche il sistema per cui Timo’s Castle è stato realizzato, ma a suo modo è davvera riuscita, tanto che si presenta come un seguito effettivo e riconoscibilissimo di un gioco da cui lo distanziano quarant’anni. Henry, pardon, Timo salta di piattaforma in piattaforma raccogliendo piccoli oggetti, sbloccando le caratteristiche nascoste dei livelli (ad esempio un guantone da boxe che atterra un grosso cane nel primo livello) e vagando tra le rovine della casa reale, dove si trovano carrozze parcheggiate in una stalla, una cantina piena di fantasmi e bottiglie di vino assassine e delle stanze da letto che sembrano uscite da un film adolescenziale degli anni ’80, tra mangiacassette e poster attaccati alle pareti. Tutto è surreale come in un gioco d’epoca e come, del resto, nel primo Henry’s House, di cui le citazioni sono continue, tostapane compreso.
Del resto c’era davvero bisogno di aggiornare l’esperienza di Henry’s House, perché nel frattempo al giovane secondogenito di Carlo III ne sono successe davvero tante e non era più il caso di ricordarlo solo come un ragazzino ingenuo alla ricerca dei suoi giocattoli, sparpagliati in una casa dalle dimensioni smisurate. Videoludicamente parlando, s’intende.
Ocio però che il "vero" principe si chiama Harry, anche se nel gioco hanno alterato il nome
E ci furono anche episodi piuttosto grotteschi, carichi di un certo cattivo gusto, come Di's Baby!