The Sumerian Game: Andrea Contato ci racconta del capolavoro ritrovato del 1962-65
Lo storico dei videogiochi Andrea Contato ci racconta di come ha recuperato The Sumerian Game, ricostruendo uno dei primi videogiochi della storia
The Sumerian Game ĆØ un nome probabilmente sconosciuto ai più. Lo si può trovare in qualche testo di storia dei videogiochi, ma ĆØ difficile che sāincontri qualcuno che ci abbia giocato, considerando che risale ai primi anni ā60, ha avuto una diffusione scarsissima ed ĆØ andato irrimediabilmente perduto. Ossia, si pensava che lo fosse, perchĆ© lo storico di videogiochi Andrea Contato, partendo dal progetto originale ritrovato dopo enormi sforzi di ricerca, ĆØ riuscito a ricostruirlo e a renderlo fruibile sui PC moderni, lanciandolo addirittura su Steam.
Contato, per chi non lo conoscesse, ĆØ autore di āThrough the Moongateā, una splendida biografia di Richard Garriott e della sua Origin Systems divisa in due volumi, nonchĆ© della collana di libri āVideo-Giochiā, dedicata alla storia del medium, di cui ĆØ appena partita la campagna di crowd funding per il quarto volume. Inoltre, recentemente Contato ha dato alle stampe āCabel Electronic: Storia della cooperativa bergamasca nella console war dimenticataā, libro che ricostruisce le vicende di una compagnia bresciana che ha contribuito non poco alla diffusione dei videogiochi nel nostro paese, e ha pubblicato un articolo in cui ha raccontato la storia di Alessandro Castellari, lo scomparso autore di Avventura 1 e Avventura 2 per Commodore 64, i primi giochi di ruolo sviluppati nel nostro paese.
Affascinato e incuriosito dal suo lavoro gli ho proposto unāintervista, che mi ha gentilmente concesso, cosƬ da capire meglio comāĆØ riuscito lƬ dove molti altri hanno fallito. Ne ĆØ venuta fuori una lunga e ricchissima chiacchierata che spero abbiate il piacere di leggere.
Simone Tagliaferri
Ciao Andrea, vuoi presentarti ai nostri quattro lettori, come direbbe il buon Manzoni? Come ti sei messo sulle tracce di "The Sumerian Game". Soprattutto, che cos'ĆØ "The Sumerian Game"? Insomma, spiegaci un poā di che cosa stiamo parlando, perchĆ© immagino che molti non abbiano mai sentito neanche nominare il gioco, considerando l'ambito in cui ĆØ nato, si ĆØ sviluppato ed ĆØ stato poi diffuso.
Andrea Contato
Sono un ricercatore e storico dell'informatica, specializzato nei videogiochi. Ho scritto diversi libri su quest'argomento, svolgendo personalmente ricerche che mi hanno portato a scovare informazioni nuove con le quali ho poi gettato una nuova prospettiva su fatti già noti, o meno, come nel caso del Sumerian Game. A dare il via alla mia ricerca fu un articolo scritto da un mio collega ricercatore tedesco di nome Tobias Winnerling, che nel 2018 andò a scovare alcuni documenti su questo gioco per computer della prima metà degli anni '60, programmato da un istituto scolastico di New York con la collaborazione di IBM allo scopo di aiutare gli studenti a imparare storia, economia e matematica in modo alternativo, ovvero giocando con un costoso terminale IBM.
Il gioco in sé era molto semplice e poco divertente per i gusti di oggi: a ogni turno il giocatore, nei panni del sovrano della città sumera di Lagash deve decidere come usare le risorse a disposizione - grano - per dare da mangiare al popolo e per seminare il raccolto dell'anno successivo, destreggiandosi tra disastri, crescita demografica oppure terribili carestie. L'importanza del Sumerian Game era dovuta principalmente al fatto che, anche se lo avevano giocato poche decine di studenti, qualcuno aveva riferito poi l'idea del gioco a un programmatore di DEC, che l'aveva reimplementata su un PDP nel suo gioco di nome Hamurabi. Quest'ultimo era stato poi portato in Basic da David Ahl nel gioco Basic Computer Games, divenuto estremamente popolare e diffuso, un po' come altri giochi tipo Lunar Lander. Alla lunga possiamo quindi dire che il Sumerian Game è il capostipite dei giochi di costruzione delle città , dei gestionali, degli educativi e degli strategici a turni.
Winnerling aveva avuto un'idea brillante e si era imbattuto in un gioco di cui si sapeva pochissimo, scrivendo un testo molto interessante, ma incompleto. Sentivo la sensazione di poter fare di più e quindi mi misi al lavoro. Nei tre anni successivi venni anticipato da altri due ricercatori, uno americano di nome Davin Monnens, che riuscì a contattare la figlia di Mabel Addis, la docente che contribuì più di tutti alla creazione del Sumerian Game, e Kate Willaert, una ricercatrice tedesca che scrisse un ottimo articolo sul Sumerian Game e che ebbe una risonanza decisamente superiore a quella di Winnerling.
Anche se nel frattempo ero diventato non secondo, ma quarto, non mi persi d'animo. Sentivo che a tutti era mancato un pezzo di ricerca: si erano concentrati su Mabel Addis e avevano cercato in lungo e in largo il codice sorgente del gioco, arrivando alla conclusione che era andato perso. Io invece mi ero concentrato su altre due persone chiave del progetto: Bruse Moncreiff, il dirigente che IBM aveva messo a capo del progetto nel tentativo di trovare un sistema per sostituire i docenti con computer IBM, e Richard Wing, il dirigente del BOCES messo a supervisionare il progetto. Monnens, con l'aiuto della figlia di Mabel Addis, era riuscito a recuperare alcuni stampati del gioco - all'inizio degli anni '60 i computer non avevano monitor, ma l'input e l'output spesso venivano stampati da telescriventi su carta: lo stesso era successo per il Sumerian Game - oltre a delle diapositive che erano state preparate per gli studenti selezionati per partecipare al progetto. Il professor Wing aveva pubblicato altri stampati nei suoi rapporti al BOCES per giustificare l'enorme spesa per la ricerca del Sumerian Game. Attraverso lo studio degli appunti di Wing e dei listati ebbi l'intuizione di poter ricostruire il gioco, programmandolo su una piattaforma moderna ed è ciò che ho fatto tra il 2022 e oggi.
ST
Ć interessante il fatto che Sumerian Game abbia inventato di fatto più generi senza che gli autori avessero alcuna contezza del concetto di genere videoludico stesso. Ć quindi un progetto nato con fini didattici che nella sua semplicitĆ (non per lāepoca, va detto) riesce comunque a essere indicativo di come si sarebbe sviluppato un certo modo di intendere i videogiochi. Ć semplice, ma a suo modo affascinante, considerando anche gli anni in cui ĆØ nato, perchĆ© comunque dĆ una sua rappresentazione del potere, per quanto ridotta allāosso, portandola alle sue estreme conseguenze. Partendo da questo, ti volevo chiedere all'atto pratico come hai proceduto per portare il codice sui sistemi moderni.
AC
Il Sumerian Game era programmato in Fortran per IBM 7090, un mainframe anni '60 estremamente grosso e costoso. Il codice era memorizzato su 15.000 schede perforate. Si tratta di un numero enorme ai nostri occhi, ma non bisogna farsi ingannare: il gioco disponeva di moltissimo testo e il testo veniva memorizzato in modo poco efficace sulle schede perforate. A livello di mere istruzioni, il programma non era molto complicato e non richiedeva grandi calcoli, ma trattava molto testo e quindi richiedeva tante schede. Le schede vennero depositate da qualche parte nei magazzini del BOCES alla fine degli anni 60 e sono andate perse per sempre. In realtĆ se anche fossero ritrovare domani mattina, farle funzionare sarebbe tutt'altro che triviale, ma sarebbe sicuramente una sfida che molti vorrebbero raccogliere.
Non avendo nessun brandello di codice, ho dovuto ricominciare da zero. Premetto che sto completando un libro dal titolo provvisorio "Rebuilding a lost game: The Sumerian Game" con i passaggi precisi del procedimento e le indicazioni necessarie perchƩ chiunque possa ricostruirselo per conto proprio su qualsiasi sistema informatico.
Il punto di partenza sono state le pagine stampate. Le ho radunate e lette tutte per capire come il gioco funzionava. Poi ho letto tutti i rapporti dettagliati scritti da Wing e gli appunti con le spiegazioni dei calcoli matematici che i bambini dovevano fare per risolvere il problema implicito nel gioco (ovvero trovare il giusto rapporto di cibo per abitante o di seminativo per acro di terra). Il primo problema che ho dovuto affrontare è che i listati superstiti erano di versioni differenti e ne ho individuate due certe: una più rudimentale, che era memorizzata come SUM9RX, e una più avanzata, SUILXR. Le differenze erano notevoli: parametri di partenza diversi, meccaniche diverse e, nel caso della SUM9RX, meccaniche ancora chiaramente non implementate (nell'output c'erano menzioni a disastri senza dettagli sulle conseguenze o il tipo di evento negativo appena occorso, mentre nella SUILXR l'output era completo e dettagliato dando al giocatore descrizioni di ciò che era successo - come alluvioni, incendi o invasioni di locuste - e della gravità della calamità ).
Ho scelto di riprodurre la SUILXR perché più completa e dettagliata e perché le parti di testi in comune con la SUM9RX erano numerose (consentendomi di comprendere meglio il flusso del gioco). Inoltre Wing nel suo rapporto finale aveva descritto minuziosamente la SUILXR.
Fatta questa scelta, tutto il lavoro si ĆØ ridotto a un minuzioso ragionamento a ritroso: dal testo alle meccaniche descritte da Wing. Ho scritto una prima versione in Phyton, che funzionava, ma era poco fedele: non restituiva dei numeri simili a quelli dei listati a disposizione (anche considerato che alcuni calcoli, come il grano perso per l'azione dei ratti, erano soggetti a un piccolo fattore casuale). Per sfizio - e per finanziare la campagna di traduzione di Video Games Stage 1 - ho riscritto il gioco in AppleSoft Basic e Basic 4.0 per Apple II e C64. Ho ancora qualche scatola invenduta, nel caso a qualcuno interessi un pezzo da collezione.
L'ultimo passo è stato tradurre il codice Phyton in Godot per creare la versione Steam. In questo passaggio mi sono permesso di rivedere alcune soluzioni e decisioni interpretative che avevo preso nelle versioni precedenti, soprattutto riguardo la questione di come il gioco gestisce l'inventario e spinge il giocatore a prevedere i possibili disastri. Senza entrare troppo nel dettaglio, sono convinto che quest'ultima versione sia ragionevolmente fedele all'originale, comprendendo inoltre il 99% del testo scritto da Mabel Addis, salvo tre frasi di output per i disastri: la sfortuna volle che non vennero stampati nelle partite conservate sui documenti a noi arrivati, ma sappiamo che tipo di disastri erano grazie agli schemi di Wing, e sappiamo anche che conseguenze avevano. Per maggiore fedeltà , nella mia ricostruzione ho lasciato una frase placeholder invece di inventarla. Quindi, quando avviene un disastro di media entità , la riga di output è: "placeholder for medium severity disaster", così il giocatore sa cosa è successo e sa che li ci sarebbe dovuto essere un testo purtroppo perso.
ST
Vista l'importanza di The Sumerian Game per la storia dei videogiochi, mi permetto di chiederti come ha reagito la stampa specializzata alla scoperta, sia quella italiana che quella internazionale. Presenti esclusi, ovviamente. L'idea che mi sono fatto ĆØ che c'ĆØ una grande indifferenza per le questioni che riguardano la storia dei videogiochi, anche quelle che sono fondamentali per capire l'evoluzione del medium. Tu hai avuto un'esperienza differente con The Sumerian Game e con anche gli altri tuoi lavori?. Hai trovato un minimo di interesse, hai visto persone propositive, sei stato contattato per parlare degli argomenti che studi, oppure ha registrato un'indifferenza totale?
AC
La seconda, purtroppo. Da parte della stampa, anche quella specialistica, c'è scarso interesse per argomenti così di nicchia e ho ricevuto pochissimo supporto nei miei progetti. Con The Sumerian Game pensavo di attirare più attenzione che con gli altri studi che ho fatto, ma non è stato così. Fortunatamente nel tempo ho ricevuto il supporto da una piccola, ma fedele comunità di lettori che finanziano i miei libri e mi consentono di sostenere economicamente le spese con un minimo ritorno economico (non sono uno scrittore a tempo pieno, per intenderci), ma anche da questo punto di vista i risultati non hanno tenuto il passo con quelli di altri ricercatori, come quelli già citati. A distanza di diversi anni dalla pubblicazione di Through the Moongate, la mia biografia di Richard Garriott è il libro più ricco di documentazione sulla saga di Ultima e la compagnia Origin Systems Inc - per fare un esempio - nessuno ha pensato di correggere la wikipedia italiana o inglese dai numerosissimi errori utilizzandolo come fonte. Anche per il Sumerian Game è andata più o meno così: la pagina inglese del gioco è basata sull'articolo di Kate Willaert con qualche riferimento allo studio di Tobias Winnerling e un altro collega ricercatore, Alexander Smith (con il quale tra l'altro sono in stretto contatto email), senza alcun riferimento alle numerosissime informazioni che ho reperito io sulle altre persone coinvolte nel progetto.

La sensazione che ho è che The Sumerian Game sia ormai passato alla storia come il gioco di Mabel Addis, ormai battezzata la prima game designer della storia. Cercare di dare più importanza a persone come Bruse Moncreiff (che fu promotore del progetto e responsabile per parte IBM), Richard Wing (che fu l'osservatore mandato dal BOCES per vigilare su come il progetto stava evolvendosi e, in ultima analisi, la persona deputata a relazionare, grazie alla quale il gioco oggi è noto e non è scomparso del tutto) o Jimmer Leonard, che oltre a riprogrammare completamente il gioco per portarlo dal 7090 all'1401, sviluppò personalmente il gioco "fratello" del Sumerian Game, il gioco di Sierra Leone, e portò avanti il progetto negli anni successivi, quando BOCES chiuse il rubinetto, subentrando a capo del distretto scolastico di Westchester, è forse visto come un tentativo di sminuire il ruolo di Mabel Addis. Tra parentesi lo stesso problema è sorto con la questione del primato della console a cartucce, giustamente attribuito a Fairchild Channel F, ma indicando erroneamente Gerald "Jerry" Lawson come unico sviluppatore e dimenticando i due ingegneri che brevettarono il sistema a cartucce che Lawson fece comprare da Fairchild e usò per costruire la console. Voglio essere chiaro: da parte mia non c'è nessuna accusa di strumentalizzare informazioni storiche per dare maggiori meriti a categorie altrimenti spesso poco "premiate" (come donne o ingegneri afroamericani), ma piuttosto la constatazione che materie molto complesse come questa, spesso vengono trattate in modo superficiale cercando di dare un'informazione semplice e facilmente digeribile, al costo di grandi imprecisioni sulle quali, come storico, faccio fatica a chiudere un occhio.
ST
à triste, ma non strano, che la storia venga usata in un certo senso per fini politici, marginalizzando quello che dovrebbe essere il suo fine, ossia la ricostruzione dei fatti e degli eventi basata su documenti. Affermarlo non significa voler sminuire certe figure che, anzi, emergono ancora più forti se non si dimentica il contesto in cui hanno lavorato e le persone con cui dovrebbero condividere i meriti. Dirlo non significa andare contro delle minoranze svantaggiate e a pensarlo non possono che essere persone maliziose. La contrapposizione tra ciò che è stato e ciò che vorremmo fosse stato è semplicemente assurda.
Detto questo, ĆØ triste anche vedere il comportamento della stampa specializzata di fronte a certi ritrovamenti, che sono degli eventi importanti. Stiamo parlando dell'origine del medium e si fa finta di niente, come se non la riguardasse. Non gli dedica assolutamente attenzione o spazio, persa come ĆØ nelle sue polemiche sui 30 e i 60 fps, sulla difficoltĆ del gioco del momento e su altre facezie simili.
Insomma, ci troviamo di fronte alla situazione in cui un ristretto gruppo di persone porta avanti quella che dovrebbe essere una forma di normalità , lì dove ovviamente penso a questa normalità come a un equilibrio tra l'attenzione verso ciò che è stato e verso il nuovo. Non cerco di affermare che bisognerebbe concentrarsi solo sul passato, ma avere un certo equilibrio, per dare un'immagine più possibile completa di quello che è il medium videoludico.
Una domanda che mi è sorta ascoltando quanto ci hai raccontato è se chi ha lavorato su The Sumerian Game avesse idea di ciò che stava facendo. Ossia, fosse in qualche modo cosciente che quello che stava realizzando era un videogioco, in un'epoca in cui il concetto di videogioco praticamente non esisteva o quantomeno era terribilmente nebuloso. Probabilmente qualcuno si rendeva conto che con le nuove tecnologie si potesse giocare, anche perché c'erano state sperimentazioni con scacchi e quant'altro. Ciò che mi chiedo è se chi ha lavorato a The Sumerian Game avesse il sentore di essere di fronte a qualcosa di talmente nuovo e dirompente che avrebbe potuto fondare un vero e proprio mercato.
AC
Prima di tutto vale la pena di specificare che non ho parlato direttamente con nessuna delle persone coinvolte nell'esperimento perché ormai decedute da molto, molto tempo. Ho sentito i discendenti diretti di prima e seconda generazione che, oltre a raccontare quello che era stato loro riferito, hanno aperto gli album di famiglia e i diari e mi hanno consentito di accedere a informazioni nuove, ma nessuna domanda diretta agli sviluppatori è stata possibile. Ciò premesso devo fare una seconda digressione, ovvero l'iniziativa aveva due facce: da una parte c'era l'IBM che, oltre a essere cliente del BOCES (era pagata per affittare programmatori e tempo macchina), era interessata alla ricerca per fini commerciali, mentre il BOCES aveva come punto di riferimento l'indagine sul possibile utilizzo dei computer per insegnare agli studenti e lo scopo del progetto era quindi capire la fattibilità , i costi e l'efficacia di questo nuovo sistema di educare. Nuovo fino a un certo punto, perché gli insegnanti coinvolti - tra cui Mabel Addis - erano noti per i loro sistemi non convenzionali di insegnamento, basati sul gioco, sulla ricreazione di eventi storici, su recite e altre attività multidisciplinari che avevano una forte connotazione ludica. Quando Noble Gividen, direttore del distretto di Westchester, ebbe l'idea di contattare IBM per capire se fosse possibile usare i computer per insegnare, in alternativa alle recite che insegnanti come Mabel Addis già facevano, trovarono nella compagnia di computer una buona sponda: Bruse Moncreiff era da anni al lavoro su un'iniziativa simile, con l'evidente scopo di trovare nuovi mercati per i prodotti IBM.
L'iniziativa era quindi di ricerca per il BOCES e di sperimentazione per IBM con lo scopo di mettere in linea un nuovo prodotto da vendere. Che questo prodotto si chiamasse videogioco (in realtà , mancando un monitor, il termine più adatto è computer game), sfuggiva a tutti perché non stavano creando un software per divertire, ma per insegnare in modo divertente. Sembra una finezza, ma non lo è affatto.
Quindi, sì, le persone coinvolte sapevano benissimo di essere alle prese con qualche cosa di nuovo, ma non avevano capito affatto dove stavano andando a parare e infatti dopo qualche anno la sperimentazione venne ridotta con il taglio del budget perché giudicata troppo costosa - per il momento - lasciando a Jimmer Leonard, che era anche un abile programmatore, campo d'azione per continuare a sperimentare in proprio, rivolgendosi soprattutto agli studenti disabili (altro motivo per cui mi spiace che il suo nome sia stato messo da parte con così tanta facilità ).
Il passaggio da metodo educativo a gioco avvenne qualche anno più tardi, per caso, in Canada.
ST
A questo punto sono curiosissimo di sapere che cosa ĆØ successo in Canada. Poi sarei anche curioso di sapere quanto tempo hai impiegato per raccogliere tutti questi dati? Quanto tempo ti ha richiesto elaborarli e concretizzarli, al di lĆ dello sviluppo del gioco che, da quello che ci hai spiegato, ĆØ stato abbastanza travagliato? Purtroppo a molte persone che affollano internet sembra sempre che le cose piovano dal cielo. Basta fare una ricerca su un sito web e trovi tutto, senza che ai loro occhi la ricerca assuma alcun valore. Per queste persone ĆØ come se fosse tutto nascosto dentro qualche pagina web da scoprire a colpi di parole magiche.
AC
In Canada uno studente che aveva partecipato al Sumerian Game incontrò un programmatore di DEC che stava tenendo un corso universitario nel quale istruiva i suoi alunni sull'uso del FOCAL, un linguaggio estremamente sintetico inventato alla fine degli anni '60 per poter funzionare sui minicomputer (delle versioni più piccole e meno costose dei supercomputer come l'IBM 7090 su cui il Sumerian Game era nato) con poca RAM. Per inciso: la RAM ai tempi era costosissima, quindi un computer con meno RAM, poteva costare molto, molto meno. DEC aveva deciso di far guerra a IBM proprio prendendo di mira il mercato low end dei computer, offrendo elaboratori dal costo di decine di migliaia di dollari, invece delle centinaia di migliaia o milioni di dollari dei mainframe IBM. Da qualche parte si doveva risparmiare e oltre alla minore potenza di calcolo, i minicomputer avevano meno RAM. Douglas Dyment, così si chiamava il programmatore di DEC, era stato da poco nominato come responsabile dello sviluppo del software della divisione canadese di DEC e tra le altre cose, oltre a insegnare a usare il FOCAL, aveva il compito di scrivere dei programmi per far fare qualche cosa di interessante ai PDP-8 che DEC voleva vendere. Quando la studentessa gli raccontò del Sumerian Game - per quel che si ricordava - Dyment pensò che un gioco - non un software educativo, ma un vero e proprio gioco - era un ottimo sistema per far fare qualche cosa di interessante ai minicomputer di DEC: qualche cosa di semplice, veloce e divertente. Quindi si mise a scrivere un gioco, nato proprio per divertire.
Per capire quanta memoria aveva a disposizione, basti pensare che il Sumerian Game occupava 15.000 schede perforate e 37.000 posizioni di memoria nel sistema 7090 di IBM. Dyment, invece, aveva 4K di RAM a disposizione. Quindi ridusse il gioco all'osso, tagliando via anche buona parte del lungo testo che The Sumerian Game mostrava ai giocatori. Si concentrò sul gameloop (raccogliere grano, destinarlo alle persone come cibo e ai campi per la semina, e ripetere il ciclo) aggiungendo un feedback finale che dava al gioco un tocco di gratificazione (una frase finale di complimenti se il giocatore aveva agito bene o una sarcastica se aveva gestito male la città ). Nel racconto verbale della studentessa, Dyment aveva perso qualche informazione e il gioco aveva cambiato nome: da The Sumerian Game a Hammurabi (re babilonese). Anzi: Hamurabi, con una sola m per (asseritamente per problemi di memoria, per refuso oppure, più probabilmente, per i limiti del file system di DEC che limitava a 8 caratteri i nomi dei programmi).
Hamurabi venne pubblicato sulle newsletter di DEC e iniziò a circolare sotto forma di listato in FOCAL modificabile (anche se il linguaggio, per la sua forma sintetica e struttura era estremamente intricato, spaghetti code, come si diceva in tono spregiativo). Poi giunse nelle mani di David Ahl, un aspirante editore, che lo tradusse in BASIC (che allora andava molto forte) e lo pubblicò nel suo celebre libro BASIC Computer Games. Allora divenne ancora più popolare e venne usato come base per un esercito di giochi gestionali e di costruzione delle città per tutta la fine degli anni '70 e inizio anni '80.
Riguardo alla tua seconda domanda, devo dire che io in genere non mi dedico mai a una ricerca specifica e basta, ma ne conduco numerose parallelamente, un po' per evitare la frustrazione che provo quando trovo una porta chiusa (una persona che non vuole farsi intervistare, un candidato per un'intervista che è venuto a mancare, un documento introvabile, un gioco perso e via dicendo) e un po' per evitare di perdere troppo tempo aspettando che i semi che getto diano i frutti (leggi: che qualcuno mi risponda o mi chiami al telefono, per esempio). Quindi la risposta che darò va presa pensando al fatto che non ci ho lavorato continuativamente, ma per il Sumerian Game la ricerca è iniziata nel 2018 ed è finita recentemente, anche se di tanto in tanto mi imbatto ancora in qualche brandello di informazioni. Per Through the Moongate ho lavorato intensamente e in modo esclusivo alle interviste e alla raccolta di dati per due anni e poi per sei mesi ho scritto incessantemente due versioni differenti. Due anni più tardi ho pubblicato la versione attuale che è abbastanza diversa dalle prime due stesure. Ecco, questo dà la misura di quanto lavoro ci sia dietro un libro. Sarà anche per quello che non mi faccio scrupoli a venderli a prezzi un po' fuori dal mercato (ridacchia Ndr).
Internet è una risorsa fantastica per questo genere di ricerche, che diventano sostenibili economicamente mentre una volta erano del tutto impossibili: basti pensare al fatto che essendo italiano avrei dovuto prendere l'aero o fare una telefonata internazionale per mettermi in contatto con i parenti del professor Richard Wing. Invece ho solo mandato una mail. Allo stesso modo, spesso posso contattare un museo e chiedere il download digitale di documenti, video e immagini. Una volta avrei dovuto andare di persona. Per contro molte informazioni che si trovano su internet sono errate, frutto di stime, voci di corridoio, interpretazioni libere e per via della leggerezza di alcuni scrittori o giornalisti sono finite per divenire la versione ufficiale e più diffusa. Però se si va a scavare, si scopre che non c'è una fonte, ma si tratta di siti, articoli e video in cui tutti si citano a vicenda senza indicare chi davvero ha riferito per la prima volta quell'informazione sbagliata. Per me è un lavoro molto complesso andare alla radice e correggere.
ST
In chiusura, vorrei chiederti quali progetti hai per il futuro. Ci sono altri libri in arrivo, oltre a quelli che hai citato nellāintervista? So che stai lavorando al nuovo volume della collana Video-Giochi, puoi parlarcene?
AC
Progetti per il futuro.. sto scrivendo il quarto volume della serie Video-Giochi e l'anno prossimo conto di scrivere e pubblicare il quinto e ultimo. La serie Video-Giochi è una sorta di esperimento: ho letto buona parte della produzione internazionale - principalmente nord americana - e sono sempre rimasto un po' perplesso dall'attenzione, per certi versi maniacale, che gli autori anglosassoni hanno nei confronti delle guerre commerciali, della competizione, dei milioni di cartucce vendute, oltre ovviamente a non avere particolare propensione a guardare alla storia dei videogiochi considerando anche altri paesi oltre agli Stati Uniti ed eventualmente al Giappone. Ho pensato quindi di raccontare la storia dei videogiochi - che in fin dei conti in buona parte si conosce già - spingendo l'acceleratore su dettagli rimasti in ombra, ma soprattutto cercando di mettere al centro della narrazione le persone che hanno fatto i videogiochi. L'aspetto umano e creativo nel mio libro ha la priorità su quello commerciale e credo che l'esperimento sia in qualche modo riuscito perché ho ricevuto un buon feedback. Se non altro posso dire di aver dato un'alternativa a chi si è un po' annoiato nel solito modo di raccontare la storia dei videogiochi.
Parallelamente a Video-Giochi Stage 4 e 5 sto svolgendo delle importanti ricerche sui videogiochi in Italia. Anche qui penso di avere molte cose interessanti da scrivere, se soltanto avessi abbastanza tempo per fare tutto. Ci vorrà un po' quindi vi chiedo pazienza. Sto anche lavorando alla seconda edizione di Through the Moongate: con l'esperienza maturata penso di poterlo scrivere meglio e sto già aggiungendo altro materiale. Da ultimo, come avevo accennato prima, sto scrivendo un documento che vorrei rilasciare in una forma il più possibile open, sulla ricreazione del Sumerian Game.