Cosa avremmo giocato su (Intellivision) Amico?
Alcuni dei giochi previsti per Amico sono stati pubblicati su PC e Nintendo Switch. Vediamo cosa avremmo potuto giocare sulla console mai lanciata.
Recentemente mi ĆØ capitato di imbattermi in alcuni giochi che sarebbero dovuti uscire su Intellivision Amico, ormai solo Amico (il marchio Intellivision ĆØ stato comprato da Atari), accompagnando il lancio della console. Sono stati pubblicati su PC e Nintendo Switch in ordine sparso, per non mandare sprecato il lavoro fatto.
La stessa Amico Entertainment, la compagnia che gestisce il marchio Amico e che sta ancora combattendo per portare lāhardware sul mercato, ha fondato unāetichetta editoriale, chiamata Happy Home Games, per pubblicare due giochi (attualmente), Evel Knievel e Finnigan Fox, con la scusa di andare alla ricerca di fondi per poter finalmente lanciare la console, ma immagino anche con la consapevolezza che si tratta di una mossa disperata, per un progetto che nel suo complesso si ĆØ rivelato fallimentare.
Non mi metterò a fare la storia di Amico, perchĆ© non ĆØ questo il punto dellāarticolo. Inoltre, non avrei molto da aggiungere rispetto a quello che potete leggere su Wikipedia, quindi non ci spreco nemmeno tempo. Diciamo che, semplicemente, lāidea di una console dedicata alle famiglie, alternativa a PlayStation, Xbox e Nintendo, ĆØ naufragata di fronte a unāinteresse generale rasente lo zero e che attualmente Amico ĆØ in un limbo da cui difficilmente riuscirĆ a uscire.
Ma come sarebbero stati i suoi giochi? A prescindere da tutte le storie che girano intorno alla console e alla sua compagnia, sarebbe valsa la pena di giocarci? Visto che alcuni di loro esistono, ne ho provati cinque su PC (credo che siano tutti, ma potrebbero essercene anche degli altri nascosti) e devo dire che, in fondo, non mi sono dispiaciuti. Probabilmente non avrebbero spinto nessuno (o quasi), ad acquistare lāhardware, ma non sono nemmeno brutti come molti paventavano.
Quindi ho deciso di farne un resoconto, perchƩ in fondo mi dispiace che dei titoli validi vengano penalizzati dai pregiudizi, oltretutto non certo dovuti agli sviluppatori.
Finnigan Fox
Finnigan Fox ĆØ un remake con grafica modernizzata del platform Fox n Forests (lo studio di sviluppo ĆØ lo stesso). Forse sarebbe addirittura definibile una remaster, visto che il gioco ĆØ identico, bug compresi. Di mio, visivamente preferisco lāoriginale con la sua grafica dal sapore a 16-bit, fatta di pixel ben visibili e di animazioni più nette, ma anche la nuova versione fa il suo, nei limiti dei suoi valori produttivi.
Detto questo, non ĆØ un platform che reinventa la ruota, ma ĆØ realizzato bene e ha delle idee interessanti. In particolare, Finnigan ha il potere di cambiare la stagione del livello in cui si trova usando del mana (ripristinabile con il tempo o raccogliendo dei cristalli), cosƬ da poter sfruttare alcune caratteristiche nascoste dello scenario. Ad esempio, alcuni alberi che in estate sono spogli, in autunno perdono le foglie, che possono essere usate come piattaforme. Lāinverno consente, invece, di camminare sugli specchi dāacqua ghiacciati, mentre la primavera crea dei frutti giganteschi, su cui si può saltare.
I livelli sono grossi e pieni di passaggi nascosti, alcuni dei quali sbloccabili soltanto dopo aver acquisito delle nuove abilitĆ . In particolare, delle frecce speciali (si ottengono sconfiggendo i boss), possono distruggere dei bersagli specifici, che producono vari effetti (apparizione di piattaforme, apertura di passaggi e cosƬ via). In ogni livello vanno trovati dei semi che, se raccolti tutti, consentono di sbloccare delle aree speciali. Sono collegati a delle mappe acquistabili nellāarea hub (un piccolo villaggio popolato da un solo piccione e da un albero parlante), che sbloccano dei suggerimenti audio quando ci si trova nei loro pressi.
Finnigan Fox non ĆØ lunghissimo, ha una varietĆ di nemici limitata e non stupisce per scrittura o altro, ma fa il suo e non ti fa rimpiangere il tempo che gli hai dedicato. Non ĆØ un capolavoro, ma gli scontri con i boss sono ingegnosi, i segreti da scoprire sono tanti e ha una gestione della difficoltĆ molto intelligente, con la sfida che non ĆØ mai eccessiva e cresce il giusto con lāavanzare dei livelli. Niente di imprescindibile, ma per una nuova console che si proponeva di offrire esperienze più adatte a tutti sarebbe stato perfetto.
Evel Knievel
Evel Knievel segue fedelmente il filone dei vari ExciteBike, Kickstart e affini. Nei panni del celebre stuntman motociclista statunitense, bisogna guidare delle moto su percorsi sempre più complicati, compiendo balzi, raccogliendo monete, lanciandosi in giri della morte e cercando di arrivare al traguardo il più velocemente possibile, cosƬ da ottenere un trofeo di bronzo, dāargento o dāoro. Il nemico ĆØ la simulazione della fisica, con il giocatore che ĆØ chiamato in continuazione a riequilibrare il veicolo per non farlo schiantare.
Più competizioni si vincono, più soldi si accumulano, più si possono acquistare moto sempre più potenti, che consentono di affrontare i percorsi più complessi e di compiere delle acrobazie più spinte, aumentando di non poco la sfida (più potenza equivale a meno controllabilità del veicolo, naturalmente).
Gareggiando, si sbloccano anche degli obiettivi che fruttano i classici punti esperienza. Accumulandone abbastanza si sale di livello e si possono distribuire dei punti abilitĆ su tre caratteristiche, che aiutano non poco a controllare le moto.
Evel Knievel ĆØ un titolo essenziale. Non mi viene da definirlo altrimenti. Visivamente ha uno stile che richiama gli anni in cui ĆØ stato attivo lāatleta reale (tra il 1966 e il 1981), quindi molto colorato e dāispirazione pop. Ha un forte sapore da Donna Bionica, anche se il riferimento principale pare essere il film āLe Strabilianti avventure di Superassoā di Gordon Douglas, in cui recitò Knievel stesso (del resto il titolo originale era Viva Knievel!)
La formula ĆØ rodata, la realizzazione ĆØ ottima. Non cāĆØ niente di nuovo. A dirla tutta non pretende nemmeno che ci sia. Ć un gioco che guarda al passato, ma lo fa con un certo gusto e non vi nego che sbagliare un salto e finire in una cassa piena di serpenti ha il suo fascino.
Breakout Beyond
Breakout Beyond ĆØ il migliore della cinquina. Ć una rilettura intelligentissima e coinvolgente del classico di Atari del 1976, che portava la firma di Nolan Bushnell, Steve Bristow e Steve Wozniak. Sviluppato da Choice Provisions, gli stessi della serie BIT.TRIP, mette il giocatore alla guida di una racchetta con cui deve respingere una pallina, per abbattere dei mattoni.
Lāobiettivo ĆØ quello di far raggiungere alla sfera i traguardi messi in fondo ai livelli, che si sviluppano da sinistra verso destra, evitando di farla finire nel vuoto dietro la racchetta.
Breakout Beyond chiede al giocatore di raggiungere lāobiettivo entro un tempo limite e senza sprecare troppe vite. Con lāavanzare dei livelli le varianti che vengono messe in campo sono tante, tra palle multiple, potenziamenti per la sfera, laser per la racchetta e quantāaltro, che vanno a equilibrare la sempre maggiore complessitĆ degli schemi dei mattoni, creando delle dinamiche in cui il giocatore ĆØ chiamato a dare risposte sempre più rapide agli stimoli che gli arrivano dallo schermo.
A volte le cose si fanno un poā troppo confusionarie e la leggibilitĆ non ĆØ sempre impeccabile, ma alla lunga si finisce per perdersi dentro la bellezza effimera che appare sullo schermo; un tripudio di luci e suoni con momenti sinestetici che creano una forte sovraeccitazione percettiva.
Lāesperienza si fa progressivamente più psichedelica, ma rimane sempre capace di mescolare uno stile visivo coinvolgente a delle meccaniche classiche dallāimpatto immediato, senza perdere la bussola del gioco, come solo il miglior Minter saprebbe fare.
Concettualmente antico, ha una capacità unica di ricordare da dove veniamo, senza per questo rinunciare a dire dove possiamo andare. Oppure, più semplicemente, senza rinunciare alla sua bellezza fine a se stessa, di cui fa vanto e caratteristica principale. Mi viene da dire che Breakout Beyond sarebbe stato davvero sprecato se relegato alla softeca di Amico.
Astrosmash
LāAstrosmash originale risale al 1981 e univa due delle mode del momento in fatto di videogiochi: Space Invaders e Asteroids. Quindi si guidava una astronave posta in fondo allo schermo, che doveva sparare ad alieni e asteroidi che piovevano dal cielo. Mancavano dei fantasmi da cui fuggire e sarebbe stata la quadratura del cerchio dei primi anni ā80.
La versione moderna di BBG Entertainment (lo stesso sviluppatore dellāoriginale) ĆØ una rilettura abbastanza banale, su cui non cāĆØ moltissimo da dire. Composto da dieci livelli, ĆØ molto semplice da portare a termine (lāho finito alla prima partita, senza troppo impegno) e non offre grandi stimoli per ritornare a giocare. Ci sono dei potenziamenti, ma sono pochi (un cannone doppio, un laser, uno scudo e una bomba nucleare che ripulisce lo schermo). Ci sono dei boss, ma sono anchāessi pochi e bruttini. Gli scenari non offrono spunti particolari e lo stile generale ha un vago sapore da sito stock.
Non ĆØ sgradevole vedere lo schermo che si riempie di distruzione, ma ĆØ un piacere che si esaurisce nel giro di una manciata di minuti, quando si capisce che Astrosmash non ha molto altro da dire e il flow ĆØ ormai perso.
Giocato in multiplayer (cooperativa locale) aggiunge il gusto della gara al punteggio più alto, ma anche in questo caso non cāĆØ abbastanza ciccia da reggere lāesperienza per più di qualche partita.
Shark! Shark!
Shark! Shark! segue la stessa filosofia di Astrosmash. Del resto proviene dallo stesso studio di sviluppo. à un action a schermate fisse in cui, nei panni di un pesce, bisogna mangiare dei pesci più piccoli per crescere di dimensioni e superare il livello. Nel mentre bisogna evitare di toccare murene, spuntoni, pesci palla e un grosso squalo che, di tanto in tanto, tenta di mangiarci.
Si tratta di un remake abbastanza fedele allāoriginale del 1982, il che non ĆØ proprio un punto a suo favore, considerando che aveva uno schema di gioco davvero limitato. Allāepoca era quasi inevitabile, ma visto che si ĆØ scelto di riproporlo, si poteva fare qualcosa di più in termini di caratteristiche aggiuntive.